E veniamo allora a questo
Portogallo che stiamo osservando da Portimaõ.
Ha due facce, diametralmente
opposte. Il marina, dove siamo ormeggiati, con l'annesso centro turistico di
Praia da Rocha, é quanto di più smaccato ci sia nel campo dell'industria del
divertimento. Non voglio affermare che tutto questo sia brutto, anzi, é
sicuramente molto ben realizzato e organizzato, ma é funzionale unicamente allo
spasso di massa un po’ becero dell'estate. Le tante vetrine di chincaglierie
turistiche, i tanti negozi con articoli da mare, l'infinità di ristoranti, bar
e pizzerie, tutto è lì per un unico scopo, creare occasioni per consumare,
spendere e fare come se davvero ci si divertisse da morire.
A questa faccia consumistica e,
sicuramente, redditizia, fa da contraltare la vecchia Portimaõ, dove il
Portogallo tradizionale viene fuori con grand’evidenza. E’un Portogallo di
casette tutte basse, in genere bianche, con fregi e spigoli colorati d’azzurro,
strade strette e tortuose, piccoli negozi e piccoli baretti un pò bui dove, ai
tavolini, gruppi di uomini giocano a carte. Si può bere e mangiare lumachine
piccanti in un’atmosfera paesana, informale e distesa.
Tanti aspetti mi riportano alla
mente certe immagini familiari nei nostri paesi della Sardegna. Anche qui il
geometra del posto, con velleità da architetto, ha voluto dare un tono moderno
a certi dettagli, come i portoncini d'ingresso d’alluminio anodizzato che, in
case antiche, hanno sostituito i vecchi portoni in legno a larghe doghe
orizzontali. Forse voleva essere moderno e invece é solo kitch. Però devo dire
che, forse perché questi aspetti mi sono familiari, l'insieme è in fondo
gradevole.
Si vede da mille dettagli che
questa società viene da una lunga storia di fatiche, da un’esperienza di vita
travagliata e poco avvezza ai lussi. I visi, dai tratti marcati, che
s’incontrano per la strada, sono gli stessi che incontriamo su certe nostre
strade dell'interno della Sardegna.
Tutto questo mi rende questi
luoghi già cari, senza quasi conoscerli e, seguendo i pensieri assurdi che ogni
tanto attraversano la mente, questo potrebbe essere un luogo dove, un giorno,
varrebbe la pena trasferirsi e spendere il proprio tempo.
Ieri abbiamo avuto una bellissima
sorpresa (che poi tanto sorpresa non è, visto che ce lo eravamo promesso da
mesi), sono arrivati a Portimaõ Costantino e Teresa sul loro camper. Tanti
amici li conoscono già e quindi non faccio presentazioni; arrivavano
direttamente da Nizza, senza fermate che non fossero quelle notturne per
dormire, un vero tour de force. Naturalmente il giorno dell'arrivo è stato
dedicato alla reciproca compagnia e...alla crapula; infatti, le rispettive
cambuse sono ancora ben fornite di prodotti nostrani per permetterci di
festeggiare degnamente l'incontro (c'era anche "casu marzu", grazie
Lello!).
Domenica 3 maggio, profittando
della disponibilità del camper siamo andati a visitare Faro, la capitale
dell'Algarve, sotto una pioggerella che faceva tanto Old England. Un'oretta di
guida sulla statale 125, in
mezzo ad una campagna che in certi punti, potenza evocativa dei numeri,
sembrava proprio la campagna sarda lungo la SS 125 Orientale Sarda, con le ginestre in fiore,
gli ulivi, i vigneti, gli agrumeti e …e quelle zone incolte, abbandonate,
coperte di erbe e arbusti dall'aspetto tanto familiare.
Arriviamo a Faro per scoprire che
non c'è alcun.... faro, mi sono chiesto il perché del nome ma la mia curiosità
è per ora senza risposta. Ad una cosa che mi aspettavo di vedere e non ho
visto, ha fatto però da compenso una cosa che non mi aspettavo e che invece ho
visto in gran quantità: un pennuto di dimensioni spettacolari, che conoscevo
solo per certe buffe storie che ci raccontavano da bambini, ovvero le cicogne.
Il primo nido l'abbiamo scoperto
per caso, sembrava un gran cesto posato sulla sommità di un'alta colonna; ci
chiedevamo che cosa ci facesse quell’ammasso di sterpi lassù in alto. Però
aguzzando lo sguardo si è intravista la rotondità del cranio del volatile,
accovacciato dentro, e abbiamo capito trattarsi appunto del nido di una cicogna.
Poi guardando intorno, abbiamo
visto molti altri grandi nidi, tutti posati sulla parte più alta dei vecchi
edifici, dei fanali stradali e quant’altro. Sul frontale di un'antica chiesa ce
n’erano addirittura due, uno per lato della croce centrale. Sulla destra una
cicogna era ritta sulle zampe, di fianco al suo nido, e devo dire che è proprio
un uccello enorme, sembrava un frate avvolto nel saio. Io non so nulla delle
cicogne, ma ho fantasticato per un pò sulla possibile vita di questi grandi volatori
che, da veri intenditori, scelgono come loro abitazione solo edifici antichi e
solenni. Costruiscono il nido, in alto, con rami e stoppie così abilmente
aggiustati che, nonostante l'apparente casualità della loro disposizione, sono
in grado di resistere ai venti delle burrasche atlantiche. E a quel nido
tornano, anno dopo anno, seguendo il ciclo delle stagioni. Ho immaginato che la
stessa mamma cicogna possa tornare, anno dopo anno, allo stesso nido per
deporre e covare le sue uova e, forse, diventata vecchia e compiuta la sua
ultima migrazione, una delle piccole cicogne, nate in quel nido, possa farlo
suo, e lo adoperi a sua volta per covare le sue proprie uova e vi faccia
nascere i suoi propri piccoli. Così magari, ad una città di mattoni, edificata
dagli uomini nel corso degli anni, dove i figli succedono ai genitori nella
casa di famiglia, potrebbe corrispondere, in una simmetria surreale, una città
aerea di nidi costruiti da grandi uccelli, dove ancora i figli succedono ai
genitori secondo un ritmo che è quello eterno della vita.
Dal giornale di bordo:
27 aprile: festeggiamo un mese dalla nostra partenza. Siamo appena arrivati a Portimaõ e celebriamo con tonno talmente fresco che non sa di tonno ma di qualche carne pregiata; lo innaffiamo con lo spumante Ferrari che conservavo per un’occasione speciale. E questa lo è davvero.Un mese in mare, il primo porto oceanico, l’inizio della risalita verso il freddo, ora si inizia a fare sul serio, speriamo che lo sguardo degli dei del mare si posi benevolo su Ulyxes e il suo equipaggio. In effetti per questa data speravo di essere già a
Durante
la navigazione abbiamo avuto una visita inaspettata. Di notte, mentre nei
pressi dell’albero lavoravo per issare la randa, dopo aver sollevato pochi
centimetri di vela, sento baccano, un frullio d’ali, un gran movimento di un
pennuto non definibile, vicinissimo. Quando si posa in coperta rivela la sua
specie: un piccione con tanto di targhetta identificativa.
Si
era rifugiato in mezzo alla tela ripiegata della randa e il mio intervento
aveva interrotto il suo sonno. Resterà in coperta, infreddolito e diffidente
fino a che saremo vicini a terra. Due volte spicca il volo e due volte torna a
bordo immediatamente: la riva è evidentemente ancora troppo lontana. Al terzo
tentativo invece punta decisamente verso terra e sparisce rapidamente alla
vista. Peccato, mi ci stavo affezionando. Cercavo di capire perché un piccione
fosse arrivato a bordo, nel cuore della notte, nell’immensità dell’oceano,
proveniente chissà da dove. Forse si era perso, trascinato dal vento. Nella
notte ha visto la barca, il chiarore della coperta bianca e, forse stremato da
un lungo volo, ha trovato un rifugio insperato e determinante nella vela
ripiegata di Ulyxes. Quando poi l’ho involontariamente disturbato e ha dovuto
lasciare il riparo che si era procurato,
non è volato via spaventato dai miei
armeggi sulla vela perché era molto più spaventato dalla infinita distesa
liquida che aveva sorvolato per ore, fino allo sfinimento. Sapeva che la barca,
la sua solida coperta erano la sua salvezza. Ecco che ha preferito restare a
zampettare a bordo. Quando poi il sole ha cominciato a scaldare ha anche smesso
di appallottolarsi comicamente come aveva fatto durante la notte per combattere
il freddo. E anche la sua livrea è cambiata e ha preso colori più vivi, quasi
metallici. Quando finalmente ha deciso che la terra era sufficientemente vicina
se n’è andato senza…un saluto. Mentre lo seguivo con lo sguardo pensavo
divertito a che cosa fa un piccione che atterra, dopo un lungo viaggio in
barca, in terra straniera. Che fa? Cerca un ritrovo per piccioni di passaggio e
si presenta? Piacere, piccione Tizio, vengo da non so dove e mi hanno portato
fin qui dei buffi navigatori. E se invece arriva in un posto di piccioni
razzisti e lo caricano di botte perché è un intruso. Mah, misteri di una vita
da volatile, occasionalmente clandestino su un veliero.
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