mercoledì 16 giugno 2004

Seconda parte - In attesa del vento, ovvero mai di bolina

Siamo ancora a terra a La Coruña. Le riparazioni sono state fatte ma i venti sono da nord, vale a dire contrari alla nostra rotta. Siccome, per mancanza di posti barca, appena dopo il varo dovremmo lasciare il porto e fare rotta sull’Inghilterra, dobbiamo aspettare. Si tratta quindi di un periodo di attesa, magari non oziosa, ma pur sempre di attesa, durante il quale non stiamo facendo ciò che vorremo, cioè, navigare e spostarci verso il prossimo porto. Forse qualcuno si chiederà come mai con una moderna barca a vela, con armo e vele efficienti, non si parta anche se si è in presenza venti contrari, vale a dire di bolina. E' una domanda appropriata, perché in tanti hanno preso dimestichezza con la bolina assistendo in tv alle regate della Coppa America e sanno, grosso modo, che cosa essa sia. Molti ricorderanno come le barche, nel tratto che dalla linea di partenza porta alla boa posta esattamente sopravvento, navigassero molto inclinate, risalendo il vento e facendo i cosiddetti bordi. In altre parole, non potendo, per forza di leggi fisiche, andare esattamente controvento, si naviga su una rotta il più possibile vicina ad esso. Questa andatura è molto spettacolare e si presta a quelle tattiche di virate e controvirate caratteristiche dei match-race, con gli equipaggi seduti sopravvento per contrastare l'inclinazione della barca e renderla più "potente". Questa stessa andatura è, naturalmente, possibile su barche come Ulyxes. Naturalmente le prestazioni sono limitate in termini di velocità e di angolo minimo col vento. Nel caso di Ulyxes, con un vento intorno a una quindicina di nodi e mare formato, si ottiene una velocità intorno ai cinque nodi e l'angolo tra la rotta reale e la direzione del vento risulta intorno ai 55 gradi. In queste condizioni l’inclinazione della barca è notevole e la falchetta ogni tanto va sott'acqua. Quando un'onda, un pò più grande delle altre, frange sulla prua, gli spruzzi d’acqua salata arrivano fino in pozzetto e tutta la barca è costantemente bagnata. Qualche volta é l'intera prua ad entrare nell'onda in arrivo e la barca subisce una violenta frenata, ²con la velocità che cade anche a due nodi, o meno, per poi lentamente risalire. Spostarsi in coperta e fare le manovre all'albero è molto faticoso, bisogna muoversi sempre con la cintura di sicurezza agganciata ai passerini (delle fettucce, posate in coperta, molto robuste, che corrono da prua a poppa), si prendono gli spruzzi e quindi la cerata e gli stivali sono d'obbligo. La barca ha movimenti a volte molto bruschi e violenti, quindi una mano può lavorare alla barca ma l'altra quasi sempre serve a tenersi (il detto "una mano per la barca e una mano per sé" di antica memoria viene a proposito). Ci sono occasioni in cui gli spostamenti in coperta si devono fare carponi per aumentare la sicurezza e non rischiare di finire fuori bordo. Di andare a prua in genere non se ne parla proprio, va su e giù come un cavallo bizzarro e diventa un luogo pericoloso dove stare. Per fortuna l'uso dell'avvolgifiocco ha reso possibile ridurre la vela di prua operando dal pozzetto. E dentro, in cabina, com'è la situazione? Beh, innanzitutto l'inclinazione dei paglioli (il pavimento) è la stessa della coperta, diciamo una ventina di gradi; camminare è possibile ma con molta circospezione, tenendosi in continuazione a tutti gli appigli disponibili e ai cosiddetti "tientibene". Qualunque oggetto che non sia assicurato in qualche modo scivola e, inesorabilmente, cade sul pagliolo. Inutile descrivere le conseguenze se l'oggetto in questione é la bottiglia dell'olio d'oliva oppure il computer portatile. Cucinare in queste condizioni è solo per spiriti eletti che abbiano un senso del sacrificio che si avvicina al martirio. In genere, il nutrimento non va oltre il pane ed il companatico. Sempre che li abbiate tolti dalla cambusa quando eravate sul bordo buono, cioè quello che, per l’inclinazione della barca, fa sì che il contenuto della cambusa resti dentro di essa quando aprite lo sportello. Se foste sul bordo sbagliato, all'apertura dello sportello seguirebbe l'istantanea evacuazione del contenuto e la sua proditoria proiezione in tutte le direzioni (quando capita, e capita, il dopo è un incubo perché il disordine e lo sporco causato dalla rottura  o dall’apertura dei contenitori fanno diventare la situazione drammatica). Dunque, eravamo partiti dalla possibilità di bolinare su una barca da crociera e lì torniamo. Considerando la descrizione che vi ho fatto (e non ho per niente esagerato) quanto tempo, in termini d’ore, non di giorni, pensate che un normale e tranquillo equipaggio familiare possa resistere, prima di cominciare a chiedersi che cosa ci faccia lì fuori a prendere schiaffi? E poi senza, in effetti, riuscire ad andare da nessuna parte. Eh sì, proprio da nessuna parte perché abbiamo detto che la barca, di bolina, è capace di mantenere un rotta posta a circa 55 gradi dalla direzione del vento, nell'ipotesi che il timoniere sia molto attento, perché altrimenti l'angolo diventa subito 60/70 gradi. Bene ora guardate avanti a voi, immaginate di trovarvi di fronte alla vostra destinazione e dalla stessa direzione provenga il vento, bene, di bolina andrete in una direzione spostata lateralmente di 55 ,60 o 70 gradi! Cioè, per raggiungere la destinazione dovrete fare un percorso a zig - zag che, nella migliore delle ipotesi, è lungo più del doppio di quello diretto. Un percorso fatto con velocità bassa, e dove la fatica di vivere è tanta. La barca e le attrezzature sono sollecitate e usurate grandemente, si mangia male e si dorme peggio. Allora ecco perché non è sensato, se non ci sono condizionamenti particolari, lasciare un porto quando i bollettini e le previsioni per i giorni seguenti danno vento di prua. Naturalmente, se, durante una navigazione, il vento gira e si pone di prua, si fa buon viso a cattivo gioco e si prosegue di bolina, sperando che presto il vento giri ancora. Ma andarselo a cercare davvero no, non è per niente furbo e, direi, non è da buon marinaio.


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