E così, per un'avaria alla tenuta
dell'asse dell'elica, siamo finiti in quel di La
Coruña. L'acqua dell'Atlantico,
che noi volevamo tenere fuori della barca, insisteva nel voler entrare e
farci compagnia. Siccome lei era tanta e noi eravamo pochi abbiamo dovuto
accettare la legge del più forte: invece di far entrare lei, ce ne saremmo
usciti noi. E così ecco che siamo pronti all'alaggio di Ulyxes. Lo scenario:
siamo all’interno del porto “peschero” di La Coruña. C ’è un bacino in
cemento con le pareti altissime (qui le maree sizigiali raggiungono i 5 metri !); sopra il bacino
troneggia un "travel lift", sarebbe una specie di carro-ponte, destinato
a sollevare la barca. E'
nuovo di trinca e sul suo ponte di comando impera Juan, un "operador muy
practico", che ho conosciuto personalmente come persona svelta e
simpatica, anche se il suo parlare gallego mi rende estremamente difficile
capire ciò che dice. Il vento (e poteva essere differente?) soffia
perpendicolarmente all'asse del bacino, ed è pure bello sostenuto, manco a
dirlo. Poco male, Juan è sereno e, con mia sorpresa, mi fa cenno di entrare in
bacino di prua. Di prua, anche con il vento al traverso, tutto è facile, senza
sorprese. Mi allineo con la mezzeria del bacino ed entro in questa sorta di
gabbia di cemento. Ho qualche dubbio che l’alaggio possa avere successo, non
l’ho mai visto fare con la prua in avanti. Tento di obbiettare qualcosa ma Juan
procede senza esitazioni. Lancia due cime, una a prua e una a poppa, ce n’è una
per me e una per Amalia, così non litighiamo. Facciamo del nostro meglio per
tenere la barca al centro del bacino. Juan manovra le cinghie di sollevamento
come se stesse acchiappando farfalle col retino e, zac, con rapida mossa Ulyxes
è immobilizzato e inizia il sollevamento. Io sono deliziato, le mie perplessità
iniziali erano davvero senza fondamento. Juan sa che cosa sta facendo. E’ vero
che sta manovrando un travel lift
grandissimo e che conosce poco ma, hombre, all'operador non mancano gli
attributi. La barca sale, sale, arriva fino quasi alla sommità del bacino.
Manca ormai poco. Ahi! Lo strallo, cioè il cavo che dalla testa dell'albero va
giù a prua, nel sollevarsi della barca si è portato vicinissimo alla struttura
metallica del travel lift, se si sale ancora di dieci centimetri si faranno
grossi danni all’avvolgifiocco. "Stop Juan, non se puede". E Juan si ferma, si gratta la testa, squadra
la situazione, medita, calcola a mente il logaritmo dell'arcotangente di
chissachecosa e poi sentenzia: “De popa”. Augh,
Juan, de popa. Non dico "te l'avevo detto", ma confesso di
averlo pensato. Ecco quindi Ulyxes ridiscendere nell’acqua del bacino e io,
appena la barca è di nuovo in galleggiamento, esco di gran carriera. Se uscissi
lentamente il vento al traverso mi farebbe scarrocciare senza scampo su alcune
boette che sono molto, ma molto vicine al bacino. Quindi dobbiamo entrare di
poppa. Facile a dirsi ma difficile a farsi perché: 1) Ulyxes a marcia indietro
manovra come una vacca che, presa per le corna, si tenti di spingere
all’indietro attraverso la stretta porta della stalla. Il sedere del cornuto
andrà a picchiare sugli spigoli dell’apertura, di qua o di la, e solo un
colpo…di sedere appunto, può permettere di fare centro. 2) Il vento al traverso spinge la barca di
lato, cioè la fa scarrocciare. Solo la velocità permette di contrastare lo
scarroccio. C’è ancora un terzo fattore che poi vi dirò e che il quel momento ancora
non conoscevo. I fattori 1 e 2
mi erano familiari e conoscevo anche la risposta
adeguata: partire da lontano in marcia indietro con la poppa orientata verso il
vento di una quarantina di gradi, assumere una discreta velocità, in modo che
la vacca, hops Ulyxes, sentisse l'effetto del timone…e poi aver fede…. E così
mi regolo, forte velocità indietro, il timone che in questi frangenti diventa
durissimo e di pericoloso maneggio e un pò di cardiopalmo per il sottoscritto.
Indirizzo la poppa con decisione sul lato sopravvento del bacino, Amalia,
smarrita, fa disperatamente cenno al ciclopico muro di duro cemento che
costituisce appunto il lato suddetto e che diventa vieppiù incombente. Nel
frattempo vento e corrente di marea (eccolo il subdolo terzo fattore di cui
sopra) ci spostano sottovento, molto di più di quanto mi aspettassi. In ogni
modo, per un pelo davvero, riesco ad entrare nel bacino. Ma il bacino non è
certo lungo, è appena qualche metro in più dei 12 metri di Ulyxes. Urge
quindi fermare la barca.
Che pesa l’inezia di quattordici tonnellate. E allora grande
smotorata in avanti e, di misura, ci fermiamo, senza urtare Scipio e il resto
degli ammennicoli contro la parete di fondo del bacino. Uff… non so nemmeno io
come, ma ci fermiamo senza far danni. Juan ci lancia le solite cime e si mette
ai comandi. Ma stavolta il santo protettore degli operatori di travel lift sta
guardando da un'altra parte e non ci aiuta. Le cinghie-retino-per farfalle
stavolta stanno sempre nel posto sbagliato. Troppo avanti. Troppo indietro.
Ancora troppo avanti. Dall'alto del
travel lift Juan comincia a gridare in una variante locale del gallego, non si
capisce una parola che fosse una. Gesticola, si fa paonazzo, scende dal travel,
risale, urla qualcosa a me, poi ad Amalia, poi ancora a me. Noi dabbasso
cerchiamo di fare l'unica cosa che in quella situazione potessimo fare, facendo
forza con le mani nude contro le pareti interne del bacino, evitavamo che
Ulyxes avesse danni urtando contro le pareti del bacino stesso. Con due sole
cime, una a poppa e una a prua è impossibile tenere una barca al centro del
bacino, Juan stava usando una tecnica errata. Ma non era possibile
spiegarglielo per il motivo che io non parlo gallego e lui non parla italiano
(comunque non credo che avrebbe ascoltato nessuno in quel frangente, era troppo
eccitato). Dopo alcuni tragicomici tentativi di acchiappare al volo la barca,
Juan scende dal mezzo, si sbraccia e sbraita. Vuole cacciarci via dal bacino.
Io faccio del mio meglio per non tradire la mia irritazione. Uscire e
rientrare, con i problemi di manovra che ho accennato sopra, non mi piaceva per
nulla. Una volta era andata bene, non era detto che altrettanto accadesse la
seconda volta, era una manovra rischiosa e reiterarla era veramente troppo. Ma non
c'è stato nulla da fare, dovevo uscire, anche perché l'operador muy practico
aveva incasinato le fasce e per risistemarle era davvero inevitabile liberare
il bacino. Così eccomi, con la morte nel cuore, a uscire di nuovo dal bacino e
scansare di misura le boe che, ne sono sicuro, sono lì per dare lavoro al
cantiere, per i danni che le loro cime avvolte alle eliche sono capaci di
provocare. A questo punto non so più che cosa il destino, sotto le sembianze di
Juan, mi riservi. Lui ha lasciato il ponte di comando e si è allontanato. Io
non so che cosa stia tramando, vorrei andare via ma non so dove andare, posso
solo manovrare in cerchio, di fronte al bacino, in attesa di neppure io so
cosa. Ma ecco Juan che ritorna, non è solo, c'è con lui un'altra persona, anche
lui si chiama Juan, ed è il direttore del cantiere. Mi fa cenno che devo
rientrare nel bacino e io, con la stessa baldanza di un condannato che si
dirige al patibolo, organizzo la solita sceneggiata. Poppa al vento di una
quarantina di gradi, tutta macchina indietro, timone di pietra, il bacino che
si avvicina velocemente, la poppa centra miracolosamente l'apertura del bacino
stesso e la barca è anche ben allineata. Bravo Gian Biagio! La parete di fondo
del bacino si avvicina però molto velocemente, questa volta non mi frega, lo
spavento di prima mi serve di lezione. Do tutta macchina avanti per frenare
Ulyxes in anticipo, quando ancora metà barca è fuori del bacino. La barca si
ferma. Capperi,… forse era troppo presto. Non solo si ferma ma riparte in
avanti. Ho l'invertitore in folle ma lei, risucchiata dalla corrente di marea,
dirige senza esitazione verso le ormai famigerate boe. Beh, era una bella
situazione di m...da. Ormai mi vedevo con la barca impastoiata ingloriosamente
tra boe, cime e barchette che erano ormeggiate appena sottovento. Di dare
motore manco a parlarne, in quella situazione potevo solo riuscire a rompere
qualcosa su Ulyxes. Però stavolta il protettore summenzionato stava
evidentemente guardando di nuove dalle nostre parti e sentite com’è
andata. Mentre Ulyxes,
indisciplinatamente, stava ultimando la sua inopinata uscita dal bacino,
Juan, l'operador muy practico, mi aveva
lanciato una di quelle due cime di cui ai precedenti tentativi, accompagnando
il lancio e i successivi momenti
con tutta una serie di strepiti nella
solita lingua incomprensibile. Io al solito non capisco nulla ma acchiappo al
volo la cima e, con la forza della disperazione, tento una improbabile frenata
di Ulyxes ( ricordo le 14 tonnellate…). Agli inizi devo mollare un po’ di cima
per evitare di finire io stesso ingloriosamente in acqua. Poi, mentre la barca
è ormai quasi completamente fuori dal bacino, come in un cartone animato, la
corsa rallenta. Con le unghie e con i denti tengo, al limite delle mie forze e,
miracolo, la barca si ferma. Ma è completamente di traverso rispetto al bacino,
il pulpito di poppa si appoggia all'estremità destra del bacino mentre la prua
è appoggiata al lato opposto, se scorre ancora dieci centimetri verso l'esterno
la barca se ne va. Però almeno siamo fermi, io che tremo tutto per lo sforzo,
mi guardo intorno alla ricerca di occhi compassionevoli, se allento solo per un
attimo la presa la barca scappa via, succhiata dalla corrente. La situazione è
di totale stallo, Juan l'operador muy practico continua a strillarmi cose che
non capisco ma che, secondo lui, dovrei fare. Tengo la barca ormai con la forza
della disperazione, alcuni curiosi, non mancano mai quelli, guardano dal di
sopra del bacino in catatonica fissità. Mi sento ormai perduto ma l’altro Juan,
il direttore, che il cielo lo benedica, interviene da par suo. Si cala
dall'alto del bacino, lungo le sartie di Ulyxes, fino in coperta. Roba da film
di pirati, un abbordaggio fatto come si comanda. Amalia trova la forza di
esclamare: “Ma chi è questo, Batman?”.
Si piazza a gambe larghe, si mette ad
alare anche lui con energia sulle cime e poi non c'è più storia.
Posizioniamo la barca, la centriamo, stavolta le cinghie sono al posto giusto e
su, su, in alto, finalmente Ulyxes va, e
questa volta la manovra finisce con la barca ben appoggiata e sicura sul solido
cemento.
P.S. Ad operazione terminata Juan
l'operatore si è avvicinato con un cordiale sorriso e ha detto, con molto
candore e in uno spagnolo comprensibile, stavolta, che sapeva di avere un
brutto carattere quando operava sulla macchina e se ne scusava.
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