010d 17.00 S / 034d 46.00 W 120nm. l'aliseo assiste ancora, speriamo mantenga per i prossimi due giorni.
Messaggio ricevuto il 30/11/2011 ore 12:00 UTC
mercoledì 30 novembre 2011
martedì 29 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
domenica 27 novembre 2011
sabato 26 novembre 2011
venerdì 25 novembre 2011
giovedì 24 novembre 2011
E' stata per me una emozione unica festeggiare con tutti voi radioamatori l'attraversamento dell'equatore in diretta, una combinazione incredibile, a volte il destino ci mette davvero non lo zampino ma tutta la zampa. Mentre sul plotter c'era lo zero latitudine l'ho fotografato.
Messaggio ricevuto il 24/11/2011 ore 19:28 UTC
Messaggio ricevuto il 24/11/2011 ore 19:28 UTC
mercoledì 23 novembre 2011
Ieri notte
Ieri era il 21 novembre e la giornata era trascorsa come le altre da che sono entrato nella fascia di convergenza intertropicale, la ITCZ. Cielo sempre coperto, di quando in quando acquazzoni, alcuni talmente forti da far "fumare " l'oceano, tanta era l'acqua e tale era la violenza della precipitazione. Solo alcuni acquazzoni avevano portato un rinforzo del vento, ma di poco conto. In effetti gia' dall'altro ieri il vento non dava piu' preoccupazione, io mio preparavo sempre al peggio quando osservavo l'acquazzone arrivare o quando me lo mostrava Polifemo, il mio radarino, ma in effetti niente succedeva. Quando arriva la sera, dopo il consueto QSO con gli amici radioamatori, mi chiedo che cosa fosse meglio fare per la notte. C'era un leggero venticello da SE che faceva andare Ulyxes intorno ai tre nodi, quindi era fuori questione andare a motore, il dilemma era se fidarsi e mantenere tutta la velatura o andare sul prudente. La randa aveva in quel momento tre mani( su quattro) di terzarolo ed era davvero un peccato sacrificare la velocita' in quel modo. Sono stato un po' a guardarla e a meditare. Se avessi dato tutta vela avrei sfruttato bene quella brezza e, in definitiva, avrei comunque accelerato l'agognata l'uscita dalla ITCZ. La tentazione era forte. Guardavo in alto e le nuvole non sembravano minacciose. Quasi quasi, mi dicevo, levo le mani di terzarolo e magari riesco a fare 4 nodi o piu'. Ma, dopo molti dubbi, mi decido a lasciare la randa come stava, avrei pero' usato il fiocco tutto aperto. Preso partito regolo le vele e non ci penso piu'. Mi dedico quindi ad Archimede, il piccolo autopilota che uso come testa pensante di Scipio, il timone a vento. Scipio nasce con un "testa" che altro non e' che una pala di leggero compensato marino montato sul dispositivo, potremmo chiamarla la sua "testa di legno". La sua posizione rispetto al vento, da' le informazioni al sistema meccanico per mantenere un angolo costante, da me scelto, rispetto al vento stesso. Monto quindi la testa di legno su Scipio e porto Archimede sul "tavolo operatorio", ovvero il mio tavolo di navigazione. L'operazione e' lunga e complessa, anche perche' Archimede ha tanti piccoli pezzi, e smontare, riparare, rimontare il tutto mentre la barca rolla, beccheggia e si dimena in tutti i modi e' davvero una sfida alla pazienza e allo spirito di organizzazione, guai se qualche piccolo componente rotola via o mi scappa mentre lo maneggio. Comunque, verso le undici e mezzo, l'operazione e' conclusa. Ripongo tutto, controllo fuori. Lo spettacolo e' il solito. Buio pesto, mare un po' agitato ma nella norma, vento leggero. Al radar non ci sono segni di attivita' temporalesca entro le sedici miglia della sua portata. E allora? Si va a dormire con le vele come deciso. Solita sveglia dopo due ore. Ma non l'avrei sentita. Alla una e trenta circa, vengo svegliato da un gran casino in coperta, sono completamentamente intontito dal sonno ma l'inclinazione abnorme della barca non lascia dubbi. Ci sono problemi. Salto fuori cosi' dalla cuccetta cosi' come sono e ed esco con grande difficolta' in pozzetto. Lo sbandamento e' tanto che devo letteralmente inerpicarmi su per la scaletta di uscita. Fuori l'urlo del vento mi fa capire che non c'e' un attimo da perdere. La coperta dal lato destro e' completamente sott'acqua e c'e' tanta acqua anche in pozzetto. Piove in una maniera che non si puo' dire. Pareva di stare sotto una cascata. Mi precipito alla ruota del timone. Devo rollare il fiocco, mi dico. Immediatamente. Il portello d'ingresso della barca l'ho lasciato aperto e l'acqua dal pozzetto minaccia di entrare dentro. Cerco di portare la barca verso sinistra in modo da portarmi un poco contro vento, diminuire lo sbandamento, far fileggiare il fiocco e tentare di riavvolgerlo. Con tutta la barra a sinistra la barca continuava nella sua traiettoria, la base del fiocco era in mare gonfia d'acqua, la barca, inclinatissima manteneva quell'assetto, insensibile al richiamo del timone. Questi tentativi proseguono per dei minuti lunghissimi. Questa e' la manovra da fare. Devo riuscirci. Quindi provo ancora, temo addirittura di sollecitare il timone e la timoneria idraulica oltre il limite. Niente da fare. Impossibile far virare Ulyxes a sinistra e toglierlo da quello sbandamento. Non resta che tentare di virare a destra e portarsi col vento in poppa. E' una manovra che faccio molto a malincuore. Con tutto quel vento e' pericolosa, e' facile strambare e in quelle condizioni sarebbe una pessima idea. Ma non ho scelta. Provo allora. Quest'operazione, dopo molta fatica mi riesce. Tento di sventare il fiocco con il triangolino di randa che resta quando si da la terza mano di terzaroli. Niente da fare. Il fiocco, gonfio fino a rompersi non voleva saperne di sventarsi e, tantomeno di riavvolgersi. Nel fare queste manovre la randa, come temevo, stramba ma, santa previdenza, viaggio sempre con le ritenute del boma rizzate. Quindi la randa, pur dando delle botte molto forti, non fa danni strambando e posso riportarla nella giusta posizione. In questo assetto, molto precario, la barca raggiunge un suo equilibrio momentaneo, lo sbandamento e' ridotto, il timone e' efficace, ma andiamo ad una velocita' molto rischiosa. Pero' a quel punto io non potevo piu' resistere esposto al vento e alla pioggia senza nulla addosso. Lascio Scipio a vegliare l'andatura di poppa e con il timore che qualcosa potesse accadere in mia assenza da un momento all'altro, vado giu' e mi metto la cerata. Dire che lo faccio in maniera concitata e' dir poco. Vestito da guerriero salto fuori di nuovo e, stavolta non mi frega, mi chiudo il portello alle spalle. Torno al timone e, stante che cosi' in poppa non puo' durare, la velocita' e' eccessiva, l'attrezzatura e' sotto uno sforzo terribile, devo inventarmi qualcosa. Purtroppo non c'e' che da ritentare di mettersi di bolina stretta per poter ridurre il fiocco. Mi preparo mentalmente. Predispongo Scipio in modo che la sua azione aiuti la mia sul timone. Prendo fiato e, credo in apnea, do di nuovo tutto il timone a sinistra. La barca parte in virata, accelera la rotazione, si inclina di nuovo in maniera paurosa, il fiocco torna a toccare l'acqua ma stavolta, forse per la velocita' di rotazione acquisita, continua a virare fino quasi a trovarsi controvento. Il frastuono del vento e del fiocco che fileggia in maniera selvaggia e' davvero da infarto. Pero' sono pronto con la scotta dell'avvolgifiocco in mano e ben tesa. Non appena sento che il fiocco, nel suo sbattere, prende un po' meno vento, tiro come un indemoniato e, centimetro per centimetro, aspettando ogni volta che il vento allenti la sua presa sul fiocco, l'avvolgifiocco si arrotola, e a ogni giro, sono porzioni di fiocco che non prendono piu' vento. Man mano che il fiocco si arrotola lo sforzo da parte mia e' inferiore e alla fine e' un gioco da ragazzi. Lascio senza avvolgere una piccola porzione per dare equilibrio al piano velico ma ormai, il vento, che ancora soffia in maniera spaventosa, non ha nessuna azione su Ulyxes, ora se vuole puo' anche aumentare ancora, non ce ne importa piu'. Ma che fatica e tensione. E a dire che nel pomeriggio precedente avevo pensato di togliere le mani alla randa. Non voglio neppure prendere in esame la situazione che si sarebbe creata in questo caso.
Il fortunale, con corredo di fulmini e saette e' andato avanti fin verso le cinque e mezza. Poi, il vento si e' placato, io ho lasciato Ulyxes che se la sbrigasse da solo, del resto con pochissima vela non era difficile, ed ho dormito fino alle nove. Ero distrutto. Ma oggi tutto e' andato bene e davvero sembra che il tempo voglia migliorare (comunque io non mi fido e prendo tutte le mie precauzioni, una volta basta).
Il fortunale, con corredo di fulmini e saette e' andato avanti fin verso le cinque e mezza. Poi, il vento si e' placato, io ho lasciato Ulyxes che se la sbrigasse da solo, del resto con pochissima vela non era difficile, ed ho dormito fino alle nove. Ero distrutto. Ma oggi tutto e' andato bene e davvero sembra che il tempo voglia migliorare (comunque io non mi fido e prendo tutte le mie precauzioni, una volta basta).
martedì 22 novembre 2011
lunedì 21 novembre 2011
domenica 20 novembre 2011
sabato 19 novembre 2011
venerdì 18 novembre 2011
Si ci siamo proprio, la ITCZ, di cui tanto ho ragionato anche con Gianni XDA, e' giunta e mi ha dato subito il benvenuto, un bestione nero nero, che era ben marcato anche sul radar, esattamente sulla mia rotta. La nuvolosita' copriva tutto il cielo pero' riuscivo a indovinare che era abbastanza ben delimitato e allora, confidando che anche lui (il bestione), come il vento, andasse verso ovest, ho messo la prua verso il suo limite sinistro cioe' quello piu' orientale. Il vento era poco ma di direzione assolutamente inaffidabile, e allora, con l'aiuto di Giovanni e sfruttando il suo movimento (sempre del bestione), ho evitato di infilarmi dove era piu' nero. Acqua ne e' venuta giu' talmente tanta che spianava le onde, ma io ero al coperto e mi bagnavo solo quando uscivo per regolare Archimede o variare qualcosa nella velatura. Quando sei nudo e c'e' caldo, una doccia naturale e' anche piacevole e ne ha goduto anche Ulyxes che si e' levate le incrostazioni di sale che aveva dappertutto. Il tutto e' durato un paio d'ore. Ora e' ritornato il venticello, da EST 5/7 nodi e io ho rimesso le vele, molto ridotte per prudenza visto che il buio e' gia' arrivato e i bestioni al buio non li posso vedere, facciamo 3 nodi o poco piu' ma va bene cosi', sono tutte ore risparmiate per Giovanni, che e' vecchietto pure lui e voglio risparmiargli fatiche evitabili. Questo era il primo, vedremo che cosa c'e' in cucina prossimamente.
Messaggio ricevuto il 18/11/2011 ore 20:10 UTC
Messaggio ricevuto il 18/11/2011 ore 20:10 UTC
giovedì 17 novembre 2011
Mindelo
Ho lasciato Mindelo due giorni fa e sono nel mezzo del nulla, abbonacciato, con Ulyxes che rolla e beccheggia, con l'attrezzatura che geme, stride, cigola, batte, insomma un concerto di rumori di tutti i generi. L'intenzione e' di fare rotta Sud fino ad incontrare gli alisei di SE e poi fare rotta su Salvador. Ci son da fare, a volo d'uccello, circa 1800 miglia per una durata prevedibile che puo' andare da 20 a 30 giorni, dipendera' dai venti naturalmente, e da quanto sara' estesa la fascia delle calme equatoriali, si parla comunque di varie centinaia di miglia senza vento, salvo nei temporali, che sono circoscritti ma possono portare venti fini a 40 nodi. Intanto sono gia' in condizioni di calma da ora, se il buongiorno si vede dal mattino.... E allora parliamo di queste isole di Capo Verde che ho appena lasciato. Comincio col dire che non ero intenzionato a fermarmici. Avevo molte riserve basate su racconti poco incoraggianti di molti navigatori che avevano avuto brutte esperienze nei loro scali. Un mio caro amico, anche lui navigatore solitario, svariati anni fa e' stato rapinato di tutti i suoi dollari, tanti, proprio mentre era all'ancora a Mindelo. Anche i portolani, tutti piuttosto datati va detto, non sono molto teneri sotto questo punto di vista. Quindi capirete che le mie riserve non erano peregrine. Poi accade che a Las Palmas mi capita di parlare con un norvegese che tiene la barca proprio a Mindelo. Mi parla di una situazione molto migliorata e di un marina moderno e ben gestito e sicuro, insomma mi convince a provare. Del resto uno stop a Mindelo toglie circa 850 miglia alla traversata atlantica e questo non e' poco. Insomma, com'e' come non e', eccomi in vista dell'isola di S.Vincente, dove sorge Mindelo. L'avvicinamento mostra una costa aspra, scura e brulla. Queste isole sono di natura vulcanica e nascono direttamente dal fondo dell'oceano, piove poco e gli alberi sono una rarita'. Mindelo sorge in una insenatura naturale molto bella e ben protetta in qualsiasi condizione meteorologica, e' forse il porto migliore dell'intero arcipelago. Per entrare in porto bisogna aggirare l'estremita' nord della baia e qui comincia una sarabanda di raffiche di vento incredibili. Ero all'erta perche' e' questo un fenomeno conosciuto, ma non me lo attendevo cosi' intenso. Malgrado la velatura ridotta la raffica, improvvisa e violenta, faceva coricare la barca in maniera esagerata, durava poco, ma nel mentre tutto cio' che dabasso non era piu'che assicurato volava via. Ho avuto il mio daffare a domare Ulyxes che nelle raffiche si imbizzarriva come un cavallo balzano, a cercare di capire dove stava il marina, a preparare la barca per l'ormeggio. Comunque con un po' di fatica e dopo un po' di peregrinare su' e giu' per il porto, il solito fischio da un pontile mi fa capire dove dovevo ormeggiare. Un inciso, credo che i baldi giovanotti che vengono assunti nei marina di mezzo mondo facciano una prova attitudinale di fischio, se non sono capaci di fischiare come un bovaro della Maremma, o, per dire di un nome conosciuto, come il Trap di buona memoria, non li assumono.
Comunque obbedisco al fischio, accosto e ormeggio senza problemi. Il marina e' effettivamente moderno ed efficiente. Non ho ancora terminato di rassettare la barca che il primo capoverdiano, un buon diavolo peraltro, si fa avanti per offrirmi collaborazione per qualunque necessita' io abbia. Questa della continua offerta di aiuto, non disinteressato naturalmente, sembra essere uno sport nazionale. Come vi vedono, con evidentemente l'aria non locale, non foss'altro che per questione di colore di pelle, siete immediatamente approcciati. Chiedono a volte danaro, oppure si offrono di accompagnarvi e cosi' via. I due episodi piu' pittoreschi mi sono accaduti proprio nel vialetto di ingresso del marina, vialetto che si immette direttamente sul lungomare, il punto piu' centrale di Mindelo. Il giorno stesso dell'arrivo mi carico la busta dei rifiuti della barca e cerco dove liberarmene. Appunto nel vialetto ci sono i cassonetti, all'interno di una recinzione. E' gia' un po' scuro e mi avvicino al cancelletto della suddetta recinzione. Mi si para davanti un ragazzotto che voleva la mia busta dell'immondizia. Davvero ero sorpreso, che se ne fara' della mia busta delle immondizie? in posti cosi' cerco sempre di non pormi in situazione di conflitto con sconosciuti. Ma era proprio buffo.
Perche' mai avrei dovuto dare il sacchetto a costui? Con un mezzo sorriso rifiuto di darglielo, apro il cancelletto con la tessera magnetica del marina, butto la busta e vado via richiudendo il cancelletto. Avrei capito il giorno dopo quando, uscendo presto dal marina, ho visto che il cancelletto era aperto e due o tre ragazzotti frugavano dentro i cassonetti. Il ragazzo che si offriva di buttare l'immondizia per me in effetti mirava a che io gli aprissi il cancelletto e me ne andassi, lasciandolo quindi libero di frugare. Cosa fa la poverta'. Oppure la sera prima che me ne andassi. Esco per il solito vialetto con l'intenzione di passeggiare sul lungomare e fermarmi da qualche parte per una birra. Arrivato sul lungomare mi fermo, esito, davvero non so dove andare e a fare che cosa, ci sono parecchi giovanotti in giro, tutti con l'aria di non aver altro da fare che guardarsi intorno. Poco invitante. Decido di tornarmene in barca. Giro i tacchi e sento una voce femminile " Hello!". Io faccio finta di non aver sentito, e accelero il passo. Di nuovo "Hello! Piu' vicino di prima. Io nulla, continuo verso l'ingresso del marina sperando di guadagnarlo al piu' presto. "Hello!" ancora, e siccome me lo ha detto quasi dentro l'orecchio, non potevo piu' ignorare la questione. Mi volto e la donzella mi fa, in inglese " Dove stai andando?". Io provo grande fastidio ad essere apostrofato da sconosciuti per strada, in piu' da una signorina le cui benemerenze erano evidenti. Penso un attimo alla risposta, non deve essere offensiva perche' nessuno puo' prevedere i successivi sviluppi. Deve essere tale da troncare pero' ogni seguito. La risposta e' stata un lapidario " It's not your business" ovvero " Non sono affari tuoi". La donzella assume un'aria delusa, bofonchia un "Excuse me" e va via. Pero' accanto a questi aspetti, peraltro non inaspettati, ve ne sono altri piu' positivi, come i miei acquisti di frutta e verdura (poca perche' scarseggia anche quella) al mercato e per strada. Erano solo donne a vendere, per lo piu' vecchiette. Un po' a gesti, un po' in italiano, spagnolo, portoghese, con molti sorrisi, alla fine ci intendevamo e in alcune situazioni l'abbiamo finita a ridere di gusto per la situazione che si creava nel capire fischi per fiaschi. Questo e' un aspetto che la gente per strada mostra spesso, allegria e sorriso, c'e' tanta poverta' ma non miseria miserabile. E la loro musica che danno per radio e' dolce e melodiosa, gradevolissima. Insomma Mindelo che impressione mi ha fatto? E' Africa ma con un po' di speranza negli occhi.
Comunque obbedisco al fischio, accosto e ormeggio senza problemi. Il marina e' effettivamente moderno ed efficiente. Non ho ancora terminato di rassettare la barca che il primo capoverdiano, un buon diavolo peraltro, si fa avanti per offrirmi collaborazione per qualunque necessita' io abbia. Questa della continua offerta di aiuto, non disinteressato naturalmente, sembra essere uno sport nazionale. Come vi vedono, con evidentemente l'aria non locale, non foss'altro che per questione di colore di pelle, siete immediatamente approcciati. Chiedono a volte danaro, oppure si offrono di accompagnarvi e cosi' via. I due episodi piu' pittoreschi mi sono accaduti proprio nel vialetto di ingresso del marina, vialetto che si immette direttamente sul lungomare, il punto piu' centrale di Mindelo. Il giorno stesso dell'arrivo mi carico la busta dei rifiuti della barca e cerco dove liberarmene. Appunto nel vialetto ci sono i cassonetti, all'interno di una recinzione. E' gia' un po' scuro e mi avvicino al cancelletto della suddetta recinzione. Mi si para davanti un ragazzotto che voleva la mia busta dell'immondizia. Davvero ero sorpreso, che se ne fara' della mia busta delle immondizie? in posti cosi' cerco sempre di non pormi in situazione di conflitto con sconosciuti. Ma era proprio buffo.
Perche' mai avrei dovuto dare il sacchetto a costui? Con un mezzo sorriso rifiuto di darglielo, apro il cancelletto con la tessera magnetica del marina, butto la busta e vado via richiudendo il cancelletto. Avrei capito il giorno dopo quando, uscendo presto dal marina, ho visto che il cancelletto era aperto e due o tre ragazzotti frugavano dentro i cassonetti. Il ragazzo che si offriva di buttare l'immondizia per me in effetti mirava a che io gli aprissi il cancelletto e me ne andassi, lasciandolo quindi libero di frugare. Cosa fa la poverta'. Oppure la sera prima che me ne andassi. Esco per il solito vialetto con l'intenzione di passeggiare sul lungomare e fermarmi da qualche parte per una birra. Arrivato sul lungomare mi fermo, esito, davvero non so dove andare e a fare che cosa, ci sono parecchi giovanotti in giro, tutti con l'aria di non aver altro da fare che guardarsi intorno. Poco invitante. Decido di tornarmene in barca. Giro i tacchi e sento una voce femminile " Hello!". Io faccio finta di non aver sentito, e accelero il passo. Di nuovo "Hello! Piu' vicino di prima. Io nulla, continuo verso l'ingresso del marina sperando di guadagnarlo al piu' presto. "Hello!" ancora, e siccome me lo ha detto quasi dentro l'orecchio, non potevo piu' ignorare la questione. Mi volto e la donzella mi fa, in inglese " Dove stai andando?". Io provo grande fastidio ad essere apostrofato da sconosciuti per strada, in piu' da una signorina le cui benemerenze erano evidenti. Penso un attimo alla risposta, non deve essere offensiva perche' nessuno puo' prevedere i successivi sviluppi. Deve essere tale da troncare pero' ogni seguito. La risposta e' stata un lapidario " It's not your business" ovvero " Non sono affari tuoi". La donzella assume un'aria delusa, bofonchia un "Excuse me" e va via. Pero' accanto a questi aspetti, peraltro non inaspettati, ve ne sono altri piu' positivi, come i miei acquisti di frutta e verdura (poca perche' scarseggia anche quella) al mercato e per strada. Erano solo donne a vendere, per lo piu' vecchiette. Un po' a gesti, un po' in italiano, spagnolo, portoghese, con molti sorrisi, alla fine ci intendevamo e in alcune situazioni l'abbiamo finita a ridere di gusto per la situazione che si creava nel capire fischi per fiaschi. Questo e' un aspetto che la gente per strada mostra spesso, allegria e sorriso, c'e' tanta poverta' ma non miseria miserabile. E la loro musica che danno per radio e' dolce e melodiosa, gradevolissima. Insomma Mindelo che impressione mi ha fatto? E' Africa ma con un po' di speranza negli occhi.
mercoledì 16 novembre 2011
martedì 15 novembre 2011
lunedì 14 novembre 2011
domenica 13 novembre 2011
sabato 12 novembre 2011
giovedì 10 novembre 2011
Sto pianificando di partire sabato per il Brasile, in questa ottica anche oggi ho fatto una miriade di lavori e controlli per avere la barca nelle migliori condizioni per la traversata. Ho anche fatto un giro per Mindelo. E' Africa a tutti gli effetti, a parte il colore della popolazione, unicamente nera. E il mercato del pesce. Unico.
Messaggio ricevuto il 10/11/2011 ore 21:15 UTC
Messaggio ricevuto il 10/11/2011 ore 21:15 UTC
Oggi grande giornata di lavori e controlli, sto finalizzando la piccola modifica al radar, conducendo il cicalino fuori dallo chassis, il lavoro elettrico e' fatto e sto assicurando cavi e cicalino con resine speciali affinche' la modifica regga le sollecitazioni che le imporra' la navigazione. Ulteriore piccola modifica a Scipio per ottimizzarne il funzionamento e sostituire un bullone molto stressato. E poi su, sull'albero, prima della traversata c'e' da ricontrollare tutto, bozzelli, sartiame, ammennicoli di tutti i generi. Adesso pero' torno all'ufficio immigrazione per ultimare una pratica e poi mercato, vediamo cosa offre il luogo, credo poco, ma vedremo. A stasera per lo sked.
Messaggio ricevuto il 10/11/2011 ore 09:30 UTC
Messaggio ricevuto il 10/11/2011 ore 09:30 UTC
mercoledì 9 novembre 2011
Stasera ho lavorato sul radar che mi sara' molto utile per avvistare per tempo gli eventuali temporali della ITCZ, zona di convergenza intertropicale. Lui ha un cicalino d'allarme che si sentiva molto poco, ho preso cacciavite e coraggio ed l'ho aperto, con l'apparecchiatura aperta il cicalino era ben forte, allora ho bucato il contenitore, dissaldato il cicalino fatto passare due fili, e sistemato il cicalino all'esterno, un po' di resina per sigillare il passaggio dei fili e bloccare il tutto e ora il sistema va benissimo, il pensiero mi angustiava non poco. (avere un allarme che suona e tu non lo senti e' il colmo).
Messaggio ricevuto il 09/11/2011 ore 20:25 UTC
Messaggio ricevuto il 09/11/2011 ore 20:25 UTC
io e Ulyxes siamo felicemente ormeggiati al marina di Mindelo. E' sempre una grandissima emozione scoprire dei luoghi come questo, sperduti nel nulla, che normalmente sono per noi, al massimo, un nome e un punto sulla carta dell'atlante. Invece arrivarci, faticando ogni miglio, scoprire man mano che ti avvicini che sono reali, che hanno un loro esistenza che ignora, lei si, la nostra di esistenza e' una sensazione inebriante. Viaggiare e' questo, scoprire cio' che esiste e prescinde da te finche' non muovi le chiappe e vai a vedere com'e', a quel punto quel luogo, ma direi, quel mondo che hai scoperto diventa parte di te e tu , in maniera forse infinitesima, diventi parte di lui.
Messaggio ricevuto il 09/11/2011 ore 12:25 UTC
Messaggio ricevuto il 09/11/2011 ore 12:25 UTC
martedì 8 novembre 2011
lunedì 7 novembre 2011
domenica 6 novembre 2011
sabato 5 novembre 2011
venerdì 4 novembre 2011
La riparazione di Ulyxes
Sono ormai a circa 150 miglia a sud-sudovest di Gran Canaria. Non prevedevo di fermarmici ma le necessita' l'hanno imposto. Infatti dovevo riparare l'avaria che si era verificata prima di arrivare alle Canarie e siccome mi dovevo avvalere di un cantiere e di un'officina meccanica, era giocoforza necessario fermarmi dove ero certo di trovare il necessario. Io conoscevo gia' bene Las Palmas di Gran Canaria. Nel 2004 vi avevo trascorso dei mesi e questo fatto mi dava fiducia che sarei riuscito a fare cio' che serviva. Inoltre in quei mesi avevo conosciuto delle persone delle quali serbavo un bel ricordo. Torno indietro al momento dell'avaria. Cos'era accaduto? Si era aperta una via d'acqua nel pancione di Ulyxes, che beveva, beveva? In qualche modo che un giorno vi raccontero', precariamente, sono riuscito a ridurre la via d'acqua ad una leggera infiltrazione. Mi sono messo in rotta verso Las Palmas, dove sono arrivato al mattino presto, dopo aver dormito in rada alcune ore. Il mio sollievo di essere arrivato in porto, al riparo, e protetto, mi faceva sentire quasi euforico. Che bello, mi dicevo, tra pochissimo ormeggio Ulyxes a qualche pontile, magari allo stesso della Escuela de Vela che mi aveva cosi' piacevolmente ospitato l'altra volta. Basta parlare con Pedro Texaco. Lui mi trovera' il posto. Pedro e' il gestore della stazione dei carburanti (da cui il nomignolo, Texaco e' la marca dei carburanti?), sa tutto, conosce tutto, risolve tutto. Eravamo stati in buonissime relazioni e, sicuramente mi avrebbe trovato l'ormeggio. E' vero che Las Palmas, in questo periodo e' strapiena di barche, di ogni nazionalita', che si preparano alla traversata verso i Caraibi. Ma anche l'altra volta era questo periodo, e il posto me lo trovo'. Entrando in porto riconosco bene i luoghi, che bello non dover scoprire niente e andare a colpo sicuro. C'e' una piccola novita' all'ingresso. Un cartello posto accanto al fanale verde da' il benvenuto, comunica la massima velocita' in porto e, ahi, l'obbligo di presentarsi all'Autoridad Portual. Prima uno accostava alla stazione carburanti, cercava Pedro e le formalita' erano finite. Va be', queste autorita' non saranno mica delle streghe cattive. Accosto al pontile apposito. Ormeggio in bello stile. Mi cambio e mi vesto con roba pulita, prendo i documenti e vado all'ufficio. Che bello calpestare il cemento dopo gli ultimi giorni di bolina contro un mare e un vento che ancora mi facevano sentire dentro un frullatore. Entro nell'oficina, si in spagnolo si chiama "oficina" ma e' l'ufficio, spesso a suo tempo ho equivocato. Dentro trovo "la fila". Da non credere, ero il quarto o quinto tapino con la borsa dei documenti in attesa di un ormeggio. Ero molto stanco, molto provato, non vedevo l'ora di ormeggiare al sicuro e di rilassarmi dopo le ultime vicende, vedere questa scena mi ha provato, mi e' caduto il mondo addosso, era di tutta evidenza che il mio sogno di una settimanella nella tranquillita' era appunto solo un sogno, La risposta per tutti era "un dia e nada mas", dopo un giorno dovevi sloggiare e, a tuo piacere, andare ad ancorarti oppure levare le tende. Quando arriva il mio turno assumo l'aria piu' depressa possibile, ma forse non c'era bisogno di impegnarmi, ERO depresso, e cerco di spiegare al tizio, che parlava un po' italiano, la mia situazione. La risposta, poco consolatoria, e' stata - Qui tutti hanno problemi, non possiamo fare eccezioni, un dia e nada mas. Li e' cominciata la mia crociata. Lascio l'oficina e vado a cercare Pedro. Lo trovo. Lui mi riconosce immediatamente e mi da uno spontaneo abrazo. Gli ho subito voluto un gran bene. Gli spiego la mia situazione e lui comincia a rimuginare, a pensare, ma poi, alla fine mi dice come lui ormai non abbia piu' alcun potere, l'autorita' portuale non lascia piu' alcuno spazio, e dire che posti barca liberi ce ne sono a iosa. Ma per i mesi di settembre, ottobre e novembre loro hanno stipulato degli accordi commerciali con l'ARC, una iniziativa per fare attraversare l'Atlantico in flotta a chi non vuole farlo da solo. Si parla di 300 (!) barche. Siccome queste trecento barche arrivano alla spicciolata, loro tagliano all'ingrosso e tengono i posti vacanti col risultato che non accettano barche in transito. La mia ansia comincia a diventare angoscia. Come diavolo faccio a riparare Ulyxes. Volevo sollevarlo e fare il lavoro come va fatto. Ma qui altro che alare la barca, non si parla neppure di darmi un rifugio. Penso al da farsi e mi reco all' Escuela de Vela. La segretaria mi riconosce, le spiego i miei guai e lei si impegna cercarmi il posto, magari quello di una barca momentaneamente assente. Ma dopo un'ora di ricerche si trova solo un posto da sei metri, la meta' esatta di quel che serve. La segretaria e' molto comprensiva, dispiaciutissima di non potermi aiutare. Io la ringrazio per l'interessamento ma sono sempre piu' nei guai. Ritorno da Pedro che mi suggerisce di rivolgermi al capo della Autoridad perche' gli addetti del "un dia nada mas" hanno disposizioni e non possono fare eccezioni. A quel punto torno all'oficina, ho sempre l'aria vagamente angosciata ma comincio anche a pormi diversamente. Decido che se non riesco ad ottenere piu' di un giorno gli diro' che non spostero' la barca dal molo di accoglimento, dove l'avevo ormeggiata ore prima, e mi rechero' alla Guardia Civil. Ho una barca in avaria grave e non posso accettare di essere trattato come tutti quelli che non hanno problemi. Non so se questa mia determinazione interiore in qualche modo trasparisse, io mi mantenevo diplomaticamente cortese come in precedenza, malgrado la mia montante irritazione, ero anche orami infinitamente stanco, e cercavo di mantenere uno stretto controllo di me stesso e delle mie reazioni. Ho ripreso il discorso con gli addetti, che forse in mia assenza si erano consultati, ho spiegato come avevo bisogno dell'intervento di un sub e questo all'ancora non si puo' fare, gli ho ripetuto che la barca rischiava di affondare e allora, miracolo, mi hanno concesso due giorni, facendomi capire, senza prometterlo, che forse potevo averne ancora altri due.
Pago, mi sposto al posto assegnato, ormeggio e, finalmente, posso sedermi in pozzetto, liberare la mente dall'ansia e darmi i pizzicotti per confermarmi che era vero, io e Ulyxes eravamo al sicuro. Da quel momento la ruota della fortuna ha girato in mio favore. Sono riuscito a rintracciare Jose', un amico spagnolo col quale avevo stretto dei buonissimi rapporti nel 2004, una gran brava persona che si e' precipitato al pontile e gli ho spiegato cosa mi era capitato. Non ho dovuto chiedergli niente. Siamo montati sulla sua BMW 1200, una moto che solo a vederla incute timore. Abitualmente non amo sedere sul sedile posteriore di una moto, ma non avevo scelta. Mi concedo solo un timido "Cuidado, io tengo miedo" (fai attenzione perche' io ho paura). Lui ride. Ma devo dire che ha guidato con grande prudenza e perizia. Mi porta prima ad un ristorante che avevamo gia' conosciuto insieme e ordino un filetto con "papas arrugadas" (patate al forno stile canario) . Lui, che ha una memoria strabiliante, mi ricorda che anche sette anni fa avevo ordinato le stesse cose, che poca fantasia da parte mia. Poi ci rechiamo alla sua officina, questa e' una vera officina. In un casino incredibile lui trova quel che serve. Taglia, lima, salda, filetta, impreca continuamente, "cogno" di qua e "cogno" di la'. Cogno, se fatte uno sforzo di immaginazione, suona un po' come l'ingiuria in sardo che finisce per "..?de mamma dua" , e, forza delle comuni discendenze latine, rappresenta esattamente la stessa parte anatomica femminile?. Bene, dopo alcune ore di lavoro il pezzo, solidissimo, e' pronto. Sono strabiliato. Ho gia' risolto una parte del problema senza le difficolta' che presagivo per trovare un'officina meccanica che avesse potuto realizzare quel che serviva. Il giorno dopo vernicio il pezzo con antiruggine e faccio tanti altri altri lavori della lunga lista che era nata dalla partenza da Cagliari. Dopo due giorni torno all'Autorita' portuale, non dico che il pezzo e' pronto, dico che ho bisogno ancora di due giorni. Stavolta trovo comprensione e mi concedono la proroga. Poi contatto il subacqueo per sistemare il coso in modo da occludere definitivamente la falla che, nel frattempo, pur dando l'idea che fosse stabilizzata, riceveva un controllo da parte mia ogni quarto d'ora almeno. Una vera paranoia. E poi e' arrivata l'apoteosi. L'uomo in tuta di neoprene viene a bordo, ci mettiamo d'accordo sul come fare, metto il mastice miracoloso sul coso fabbricato da Jose', l'uomo in tuta si immerge tenendolo ben stretto, io do due martellate sullo scafo (era il segnale), lui da' alcune martellate sul cono di legno che io avevo infilato nel buco, era tanto spinto bene che non voleva piu' riuscire. Poi, in modo improvviso, il cono viene sparato all'interno della barca. Prima che riesca ad occludere il foro con la mano ho il modo di rivedere, alla luce del giorno, il getto impressionante d'acqua che da quel buco irrompe in barca. Mi e' quasi venuto un colpo a rivedere quell'incubo. Poi l'uomo con la tuta sistema il coso nel buco, io dall'interno piazzo il rondellone e la ghiera che stringo a morte con una chiave da idraulico. E' fatto. Tutto finito. Non entra piu' acqua. Dopo aver pagato la modica cifra richiesta dal sub sono rimasto, seduto in pozzetto, per un pezzo, immobile, e quasi vuotato d'energie. E' stato come dopo un appuntamento molto importante della vita, un colloquio di lavoro, un concorso. Avevo la mente vuota, non avevo capacita' di pensiero se non che Ulyxes era salvo, io ero salvo.
Pago, mi sposto al posto assegnato, ormeggio e, finalmente, posso sedermi in pozzetto, liberare la mente dall'ansia e darmi i pizzicotti per confermarmi che era vero, io e Ulyxes eravamo al sicuro. Da quel momento la ruota della fortuna ha girato in mio favore. Sono riuscito a rintracciare Jose', un amico spagnolo col quale avevo stretto dei buonissimi rapporti nel 2004, una gran brava persona che si e' precipitato al pontile e gli ho spiegato cosa mi era capitato. Non ho dovuto chiedergli niente. Siamo montati sulla sua BMW 1200, una moto che solo a vederla incute timore. Abitualmente non amo sedere sul sedile posteriore di una moto, ma non avevo scelta. Mi concedo solo un timido "Cuidado, io tengo miedo" (fai attenzione perche' io ho paura). Lui ride. Ma devo dire che ha guidato con grande prudenza e perizia. Mi porta prima ad un ristorante che avevamo gia' conosciuto insieme e ordino un filetto con "papas arrugadas" (patate al forno stile canario) . Lui, che ha una memoria strabiliante, mi ricorda che anche sette anni fa avevo ordinato le stesse cose, che poca fantasia da parte mia. Poi ci rechiamo alla sua officina, questa e' una vera officina. In un casino incredibile lui trova quel che serve. Taglia, lima, salda, filetta, impreca continuamente, "cogno" di qua e "cogno" di la'. Cogno, se fatte uno sforzo di immaginazione, suona un po' come l'ingiuria in sardo che finisce per "..?de mamma dua" , e, forza delle comuni discendenze latine, rappresenta esattamente la stessa parte anatomica femminile?. Bene, dopo alcune ore di lavoro il pezzo, solidissimo, e' pronto. Sono strabiliato. Ho gia' risolto una parte del problema senza le difficolta' che presagivo per trovare un'officina meccanica che avesse potuto realizzare quel che serviva. Il giorno dopo vernicio il pezzo con antiruggine e faccio tanti altri altri lavori della lunga lista che era nata dalla partenza da Cagliari. Dopo due giorni torno all'Autorita' portuale, non dico che il pezzo e' pronto, dico che ho bisogno ancora di due giorni. Stavolta trovo comprensione e mi concedono la proroga. Poi contatto il subacqueo per sistemare il coso in modo da occludere definitivamente la falla che, nel frattempo, pur dando l'idea che fosse stabilizzata, riceveva un controllo da parte mia ogni quarto d'ora almeno. Una vera paranoia. E poi e' arrivata l'apoteosi. L'uomo in tuta di neoprene viene a bordo, ci mettiamo d'accordo sul come fare, metto il mastice miracoloso sul coso fabbricato da Jose', l'uomo in tuta si immerge tenendolo ben stretto, io do due martellate sullo scafo (era il segnale), lui da' alcune martellate sul cono di legno che io avevo infilato nel buco, era tanto spinto bene che non voleva piu' riuscire. Poi, in modo improvviso, il cono viene sparato all'interno della barca. Prima che riesca ad occludere il foro con la mano ho il modo di rivedere, alla luce del giorno, il getto impressionante d'acqua che da quel buco irrompe in barca. Mi e' quasi venuto un colpo a rivedere quell'incubo. Poi l'uomo con la tuta sistema il coso nel buco, io dall'interno piazzo il rondellone e la ghiera che stringo a morte con una chiave da idraulico. E' fatto. Tutto finito. Non entra piu' acqua. Dopo aver pagato la modica cifra richiesta dal sub sono rimasto, seduto in pozzetto, per un pezzo, immobile, e quasi vuotato d'energie. E' stato come dopo un appuntamento molto importante della vita, un colloquio di lavoro, un concorso. Avevo la mente vuota, non avevo capacita' di pensiero se non che Ulyxes era salvo, io ero salvo.
giovedì 3 novembre 2011
mercoledì 2 novembre 2011
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