Ieri era il 21 novembre e la giornata era trascorsa come le altre da che sono entrato nella fascia di convergenza intertropicale, la ITCZ. Cielo sempre coperto, di quando in quando acquazzoni, alcuni talmente forti da far "fumare " l'oceano, tanta era l'acqua e tale era la violenza della precipitazione. Solo alcuni acquazzoni avevano portato un rinforzo del vento, ma di poco conto. In effetti gia' dall'altro ieri il vento non dava piu' preoccupazione, io mio preparavo sempre al peggio quando osservavo l'acquazzone arrivare o quando me lo mostrava Polifemo, il mio radarino, ma in effetti niente succedeva. Quando arriva la sera, dopo il consueto QSO con gli amici radioamatori, mi chiedo che cosa fosse meglio fare per la notte. C'era un leggero venticello da SE che faceva andare Ulyxes intorno ai tre nodi, quindi era fuori questione andare a motore, il dilemma era se fidarsi e mantenere tutta la velatura o andare sul prudente. La randa aveva in quel momento tre mani( su quattro) di terzarolo ed era davvero un peccato sacrificare la velocita' in quel modo. Sono stato un po' a guardarla e a meditare. Se avessi dato tutta vela avrei sfruttato bene quella brezza e, in definitiva, avrei comunque accelerato l'agognata l'uscita dalla ITCZ. La tentazione era forte. Guardavo in alto e le nuvole non sembravano minacciose. Quasi quasi, mi dicevo, levo le mani di terzarolo e magari riesco a fare 4 nodi o piu'. Ma, dopo molti dubbi, mi decido a lasciare la randa come stava, avrei pero' usato il fiocco tutto aperto. Preso partito regolo le vele e non ci penso piu'. Mi dedico quindi ad Archimede, il piccolo autopilota che uso come testa pensante di Scipio, il timone a vento. Scipio nasce con un "testa" che altro non e' che una pala di leggero compensato marino montato sul dispositivo, potremmo chiamarla la sua "testa di legno". La sua posizione rispetto al vento, da' le informazioni al sistema meccanico per mantenere un angolo costante, da me scelto, rispetto al vento stesso. Monto quindi la testa di legno su Scipio e porto Archimede sul "tavolo operatorio", ovvero il mio tavolo di navigazione. L'operazione e' lunga e complessa, anche perche' Archimede ha tanti piccoli pezzi, e smontare, riparare, rimontare il tutto mentre la barca rolla, beccheggia e si dimena in tutti i modi e' davvero una sfida alla pazienza e allo spirito di organizzazione, guai se qualche piccolo componente rotola via o mi scappa mentre lo maneggio. Comunque, verso le undici e mezzo, l'operazione e' conclusa. Ripongo tutto, controllo fuori. Lo spettacolo e' il solito. Buio pesto, mare un po' agitato ma nella norma, vento leggero. Al radar non ci sono segni di attivita' temporalesca entro le sedici miglia della sua portata. E allora? Si va a dormire con le vele come deciso. Solita sveglia dopo due ore. Ma non l'avrei sentita. Alla una e trenta circa, vengo svegliato da un gran casino in coperta, sono completamentamente intontito dal sonno ma l'inclinazione abnorme della barca non lascia dubbi. Ci sono problemi. Salto fuori cosi' dalla cuccetta cosi' come sono e ed esco con grande difficolta' in pozzetto. Lo sbandamento e' tanto che devo letteralmente inerpicarmi su per la scaletta di uscita. Fuori l'urlo del vento mi fa capire che non c'e' un attimo da perdere. La coperta dal lato destro e' completamente sott'acqua e c'e' tanta acqua anche in pozzetto. Piove in una maniera che non si puo' dire. Pareva di stare sotto una cascata. Mi precipito alla ruota del timone. Devo rollare il fiocco, mi dico. Immediatamente. Il portello d'ingresso della barca l'ho lasciato aperto e l'acqua dal pozzetto minaccia di entrare dentro. Cerco di portare la barca verso sinistra in modo da portarmi un poco contro vento, diminuire lo sbandamento, far fileggiare il fiocco e tentare di riavvolgerlo. Con tutta la barra a sinistra la barca continuava nella sua traiettoria, la base del fiocco era in mare gonfia d'acqua, la barca, inclinatissima manteneva quell'assetto, insensibile al richiamo del timone. Questi tentativi proseguono per dei minuti lunghissimi. Questa e' la manovra da fare. Devo riuscirci. Quindi provo ancora, temo addirittura di sollecitare il timone e la timoneria idraulica oltre il limite. Niente da fare. Impossibile far virare Ulyxes a sinistra e toglierlo da quello sbandamento. Non resta che tentare di virare a destra e portarsi col vento in poppa. E' una manovra che faccio molto a malincuore. Con tutto quel vento e' pericolosa, e' facile strambare e in quelle condizioni sarebbe una pessima idea. Ma non ho scelta. Provo allora. Quest'operazione, dopo molta fatica mi riesce. Tento di sventare il fiocco con il triangolino di randa che resta quando si da la terza mano di terzaroli. Niente da fare. Il fiocco, gonfio fino a rompersi non voleva saperne di sventarsi e, tantomeno di riavvolgersi. Nel fare queste manovre la randa, come temevo, stramba ma, santa previdenza, viaggio sempre con le ritenute del boma rizzate. Quindi la randa, pur dando delle botte molto forti, non fa danni strambando e posso riportarla nella giusta posizione. In questo assetto, molto precario, la barca raggiunge un suo equilibrio momentaneo, lo sbandamento e' ridotto, il timone e' efficace, ma andiamo ad una velocita' molto rischiosa. Pero' a quel punto io non potevo piu' resistere esposto al vento e alla pioggia senza nulla addosso. Lascio Scipio a vegliare l'andatura di poppa e con il timore che qualcosa potesse accadere in mia assenza da un momento all'altro, vado giu' e mi metto la cerata. Dire che lo faccio in maniera concitata e' dir poco. Vestito da guerriero salto fuori di nuovo e, stavolta non mi frega, mi chiudo il portello alle spalle. Torno al timone e, stante che cosi' in poppa non puo' durare, la velocita' e' eccessiva, l'attrezzatura e' sotto uno sforzo terribile, devo inventarmi qualcosa. Purtroppo non c'e' che da ritentare di mettersi di bolina stretta per poter ridurre il fiocco. Mi preparo mentalmente. Predispongo Scipio in modo che la sua azione aiuti la mia sul timone. Prendo fiato e, credo in apnea, do di nuovo tutto il timone a sinistra. La barca parte in virata, accelera la rotazione, si inclina di nuovo in maniera paurosa, il fiocco torna a toccare l'acqua ma stavolta, forse per la velocita' di rotazione acquisita, continua a virare fino quasi a trovarsi controvento. Il frastuono del vento e del fiocco che fileggia in maniera selvaggia e' davvero da infarto. Pero' sono pronto con la scotta dell'avvolgifiocco in mano e ben tesa. Non appena sento che il fiocco, nel suo sbattere, prende un po' meno vento, tiro come un indemoniato e, centimetro per centimetro, aspettando ogni volta che il vento allenti la sua presa sul fiocco, l'avvolgifiocco si arrotola, e a ogni giro, sono porzioni di fiocco che non prendono piu' vento. Man mano che il fiocco si arrotola lo sforzo da parte mia e' inferiore e alla fine e' un gioco da ragazzi. Lascio senza avvolgere una piccola porzione per dare equilibrio al piano velico ma ormai, il vento, che ancora soffia in maniera spaventosa, non ha nessuna azione su Ulyxes, ora se vuole puo' anche aumentare ancora, non ce ne importa piu'. Ma che fatica e tensione. E a dire che nel pomeriggio precedente avevo pensato di togliere le mani alla randa. Non voglio neppure prendere in esame la situazione che si sarebbe creata in questo caso.
Il fortunale, con corredo di fulmini e saette e' andato avanti fin verso le cinque e mezza. Poi, il vento si e' placato, io ho lasciato Ulyxes che se la sbrigasse da solo, del resto con pochissima vela non era difficile, ed ho dormito fino alle nove. Ero distrutto. Ma oggi tutto e' andato bene e davvero sembra che il tempo voglia migliorare (comunque io non mi fido e prendo tutte le mie precauzioni, una volta basta).
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